Come si fa il vescovo. La lezione di Francesco

hebdo cardinali vignetta

Estratti – utili a certuni – del discorso pronunciato da papa Francesco l’8 settembre 2018 a 74 vescovi dei territori di missione. Indicazioni su come bisognerebbe fare il vescovo:

Non vive per sé, ma proteso a donare la vita alle pecore, in particolare a quelle più deboli e in pericolo; (…) avere gesti e parole di speciale conforto per quanti sperimentano marginalità e degrado.

La preghiera non è per il vescovo devozione, ma necessità. (…) Mai appagato, cerca costantemente di assimilarsi a Lui, in cammino per diventare come Gesù vittima e altare per la salvezza del suo popolo. (…) Perché è facile portare una croce sul petto, ma il Signore ci chiede di portarne una ben più pesante sulle spalle e sul cuore.

Il vescovo non vive in ufficio, come un amministratore di azienda, ma tra la gente, sulle strade del mondo, come Gesù. (…) E uscendo da sé ritrova sé stesso. Non si compiace di comfort, non ama il quieto vivere e non risparmia le energie, non si sente principe, si prodiga per gli altri.

Subisce le tentazioni del potere, dell’appagamento, del ritorno di immagine, della mondanità. (…) C’è sempre il rischio di curare più la forma della sostanza, di trasformarsi in attori più che in testimoni, di annacquare la Parola.

Il vescovo non può avere tutte le doti, l’insieme dei carismi – alcuni credono di averne, poveretti! – ma è chiamato ad avere il carisma dell’insieme, cioè a tenere uniti, a cementare la comunione. Di unione ha bisogno la Chiesa, non di solisti fuori dal coro o di condottieri di battaglie personali. Il Pastore raduna.

Non è interessato a tutelare il suo buon nome, ma ama tessere la comunione coinvolgendosi in prima persona e agendo con fare dimesso. Non soffre di mancanza di protagonismo, ma vive radicato nel territorio, respingendo la tentazione di allontanarsi di frequente dalla Diocesi – la tentazione dei “vescovi da aeroporto”.

Non si stanca di ascoltare. Non si basa su progetti fatti a tavolino, ma si lascia interpellare dalla voce dello Spirito, che ama parlare attraverso la fede dei semplici.

Fuggite il clericalismo, «modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa, molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso di potere, di coscienza e sessuale». Corrode la comunione, in quanto «genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo.

Non sentitevi signori del gregge – voi non siete padroni del gregge.

Il popolo di Dio, per il quale e al quale siete ordinati, vi senta padri, non padroni; padri premurosi: nessuno deve mostrare verso di voi atteggiamenti di sudditanza. (…) Mostrarsi uomini forti, che mantengono le distanze e comandano sugli altri, potrebbe apparire comodo e accattivante, ma non è evangelico. Reca danni spesso irreparabili al gregge.

Siate dunque uomini poveri di beni e ricchi di relazione, mai duri e scontrosi, ma affabili, pazienti, semplici e aperti.

I seminari (…) i vivai del domani (…) garantiscano la formazione di profili umani sani, aperti, autentici, sinceri. Date priorità al discernimento vocazionale.

I giovani. (…) Mettiamoci in ascolto, lasciamoci provocare da loro, accogliamone i desideri, i dubbi, le critiche e le crisi. Sono il futuro della Chiesa, sono il futuro della società. (…) non mettiamoli mai in quarantena; cerchiamoli, sentiamo il loro cuore che supplica vita e implora libertà.

Dedicate tempo ed energie agli ultimi, senza paura di sporcarvi le mani. (…) raggiungete le periferie umane ed esistenziali delle vostre Diocesi.

Diffidate, vi prego, della tiepidezza che porta alla mediocrità e all’accidia.

 

 

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