PARTE I – L’ideologia e l’uso ideologico della ragione
1. Cos’è l’ideologia?
Il termine ideologia ha una lunga storia.
Nel suo percorso esso ha assunto una pluralità di significati la cui problematicità non è stata risolta del tutto e resta ancora oggi aperta.
E’ doveroso, tuttavia, essendo l’ideologia concetto fondamentale nell’ambito di questa critica, che se ne definisca il significato preciso di riferimento onde non invalidare alla base il nostro tentativo speculativo attraverso un vocabolario equivoco. Vale la pena, dunque, ripercorrere brevemente l’iter storico, culturale e filosofico della sua definizione per approdare al nostro punto di vista sulla parola “ideologia”.
“Scienza delle idee o percezioni” è il significato che assunse il termine ideologia quando fu impiegato per la prima volta da Destutt de Tracy alla fine del Settecento ed esplicitato nell’opera Elementi d’ideologia (4 voll., 1801-15).
In tale accezione ideologia indicava il tentativo di costruire una scienza delle idee basata sulle teorie di Locke e Condillac per stabilire i meccanismi elementari del pensiero che sono alla base dei contenuti mentali sotto forma d’idee.
Non è evidentemente questo il significato d’ideologia cui ci riferiamo poiché de Tracy cerca di far luce sulla base gnoseologica del soggetto e non sugli effetti che il pensiero determina nella storia attraverso l’azione sociale.
Una fondamentale rielaborazione del significato del termine si ebbe con l’Ideologia tedesca (1845-46) di K. Marx e F. Engels. Tale rielaborazione è veramente importante perché conquista l’ideologia al vocabolario della filosofia postmoderna.
In questo senso l’ideologia è la rappresentazione che ricopre come un abito (da Ideenkleid: <>) la nuda realtà dei fatti e delle cose sia attraverso immagini che giustificazioni illusorie legate ad una trama di idee intessute in prevalenza dalla classe sociale dominante in una determinata epoca.
Per Marx ed Engels, poi, tale intreccio d’idee è prodotto volutamente poiché è utile alla conservazione delle condizioni di quel dominio.
Tale accezione del termine indica il chiaro intento critico di Marx ed Engels che vollero disilludere i giovani hegeliani e i cosiddetti “veri socialisti” tedeschi sul fatto che ai processi storici presieda la lotta tra le idee.
In questo senso risulta impossibile modificare la società tramite una critica delle idee così come avevano creduto Stirner, Feuerbach e Bauer.
Il materialismo storico taccia questa posizione come a sua volta ideologica proprio perché illusoria e sovrastrutturale.
Anche esso, tuttavia, finisce per rientrare nella categoria di ideologia poiché, definendo delle direttrici storiche incontrovertibili, caratteristiche del cammino dialettico verso il comunismo, si veste dell’habitus dogmatico del profetismo e della mistificazione, proponendo una teoria destinata ad affermarsi in un processo dialettico storico, cadendo esattamente nello stesso tipo di atteggiamento di Hegel e della sua filosofia della storia.
La definizione d’ideologia di cui sopra è condivisibile solo a patto che si renda strumento neutro di analisi. Per tali ragioni essa va ridefinita.
Cerchiamo di eliminare dalla definizione precedente i motivi superflui e a loro volta ideologici.
Proviamo a ridefinire l’ideologia in questo modo:
“l’ideologia è la trama di idee che ricopre come un abito la nuda realtà dei fatti e delle cose a seguito delle finalità e delle scelte, consapevoli e non, di coloro i quali, all’interno di una società, elaborano quella trama”.
In questo primo tentativo abbiamo eliminato dalla definizione il concetto di “classe dominante”. Perché?
Perché se è chiaro che i vertici di un sistema sociale possano essere produttori di un’ideologia tendente a conservare le condizioni materiali in cui essi dominano, è altrettanto vero, però, che qualunque altro soggetto sociale possa essere produttore di un’ideologia.
La definizione marxiana, in tal senso, non è sufficientemente ampia.
Abbiamo anche eliminato i termini “immagini” e “ giustificazioni” “illusorie”, perché il primo termine non dà ragione della complessità del panorama mediatico odierno rispetto all’epoca di Marx, mentre il secondo è tautologico, infatti è ovvio che se l’ideologia è un habitus, tende a rappresentare come vero e quindi a giustificare ciò che non lo è.
L’eliminazione del terzo termine, ossia dell’attributo “illusorio” va da sé perché legato al secondo termine.
Non ci siamo tuttavia limitati a eliminare elementi dalla definizione ma ne abbiamo aggiunti.
Vediamo il primo: “a seguito delle finalità e delle scelte”. Questo significa che una produzione ideologica è in potenza rispetto ai fini e alle scelte di chi esprimerà la volontà di produrla.
Ciò mette in luce il fatto che la produzione ideologica è sempre strumentale rispetto ai fini di chi la produce.
Vediamo il secondo elemento: “consapevoli e non”.
Chi stabilisce che il produttore d’ideologia sia consapevole di produrre ideologia?
La verità è che i soggetti sociali protagonisti di produzioni ideologiche possono anche non sapere, fatte salve le loro intenzioni e le loro scelte, di essere tali. Potrebbero produrre ideologie compiendo azioni che per essi non hanno quello scopo: per questo è importante distinguere l’ideologo consapevole dall’ideologo inconsapevole.
Chi ci dice, inoltre, che le stesse forme comunicative adottate in una realtà sociale non siano ideologiche di là dagli intendimenti e dalle conoscenze di chi le usa?
La questione è complessa.
La definizione d’ideologia in sé, così come l’abbiamo presentata nella modificazione di quella marxiana, va ritenuta come una conquista definitiva dell’analitica filosofica, ma, come tale, non può essere valida se considerata per sé, ossia parte di una filosofia della storia.
La definizione d’ideologia è analiticamente probante solo nel suo uso trascendentale, ossia essa va considerata valida solo come strumento a priori per l’analisi di ogni teoria e non come parte dell’ analisi di una teoria.
L’analisi ideologica che scaturisce dal corretto uso di questo elemento critico trascendentale, serve a stabilire se una teoria è o non è un’ideologia.
Programmaticamente ci dobbiamo proporre di spiegare:
a) come ciò che noi chiamiamo “l’elemento ideologico” sia trascendentale e quindi sia concepibile un uso della ragione naturalmente ideologico;
b) perché l’uso ideologico della ragione è scorretto;
c) posto che la produzione ideologica sia consapevole o inconsapevole, come essa si produce;
d) come la produzione ideologica inconsapevole debba e possa essere evitata e come la produzione ideologica consapevole debba e possa essere combattuta;
e) qual è l’alternativa alla produzione ideologica.